I MIEI LIBRI

Poesie

Frammenti di felicità sospesa

“Scrivere significa scoprire in noi stessi cose della cui esistenza eravamo all’oscuro” (Mario VARGAS  LLOSA)

La malattia di mio figlio Giorgio, il suo esordio inconsueto, imprevedibile, del tutto inatteso, che lo ha colto nel pieno dei suoi dodici anni, in una fase dorata della sua e della nostra vita, mi ha spinto a prendere la penna: un’urgenza mai avvertita prima mi ha indotto a  registrare “situazioni, affezioni, avventure del mio animo” che hanno segnato un periodo travagliato, quasi per alleviare, con l’effimera leggerezza del foglio, il peso dell’esistere nonostante e a dispetto di tutto. Laddove mi è parso significativo, ho corredato i miei versi di citazioni tratte dalle letture che in questi tempi mi hanno accompagnato e in cui non casualmente mi sono ritrovata. Del resto, come scrive il mio amico Duccio, il collega di filosofia che mi ha incitato a farne una pubblicazione, “le parole vengono a bussare alla finestra della nostra mente, per ricordarci che la felicità è una parola e senza parola non c’è nessuna felicità”.

Ora mi conforta l’idea che le persone più care, che hanno condiviso con me questa esperienza, possano ripercorrerla attraverso i miei semplici frammenti e custodire nel loro cuore ciò che da essa è scaturito, convinta che il mio diario in versi non sia solo una debole traccia del tortuoso cammino di questi giorni difficili, ma rappresenti anche una scia luminosa che ci guiderà nel percorso futuro.

“Penso a Giorgio, quando sarà uomo fatto, e magari anche avanti con gli anni. Lo vedo con questo libricino in mano e sono sicuro che, fra i tanti doni che la vita gli avrà riservato, saprà vedere in esso il più prezioso. Le parole di una madre, di sua madre, che al fondo del dolore hanno trovato la strada dell’amore, per la sua salvezza, per la nostra salvezza, dal disperare.” (Duccio Morosetti)

Tracce di serenità ritrovata

La malattia è una sospensione totale, è il buio dell’anima, ma da questo buio si può riemergere grazie alla competenza di chi si prende a cuore la tua salute e alla partecipazione affettuosa di parenti ed amici cari che ti aiutano a scorgere sul tuo cammino spicchi di luce. E’ grazie a loro che ho potuto riannodare il filo dei pensieri e dei sogni interrotti agli esordi della malattia di Giorgio. Tracce di serenità si disegnano ora su un percorso costellato di speranze ed emozioni nuove.

Racconti

Tre parentesi

Latteria del cuore – Adagio, ma non troppo – Bella Romagna

La vista dell’altro e lo scambio di sguardi non è mai neutro. I nostri sguardi intercettano gli altri lasciandoci con pure supposizioni o schegge di pensieri.

I volti mi chiamano, mi lanciano segnali da leggere ed interpretare. E così, quasi per gioco, ho risposto a questo intimo richiamo e, con note ora dolci ed elusive, ora più ironiche o amare, ho tratteggiato tre brevi quadretti.

Quadretti, perché ciascuno li possa osservare; aperti perché ciascuno li possa dilatare; senza una cornice per chi ha occhi che sanno ascoltare.

Spin off di Latteria (o, meglio, Birlatteria del cuore) è l’ampliamento di uno dei tre racconti contenuti in Tre Parentesi.

Lo spaccato di una Milano che non esiste più, un campionario di varia umanità che si ritrova in latteria, un locale che va sparendo…

Prima luce

La nostra storia si compone di tante storie. Il nostro cammino è costellato di tanti incontri. I nostri destini intercettati da altri destini. Li uniscono e li allontanano amicizie e affetti, amori sofferti e intensamente vissuti, amori smarriti e amori ritrovati.

Storie d’amore, di sentimenti teneri e appassionati, che hanno per protagoniste figure femminili emblematiche: una quarantenne single, una ragazzina, una donna separata e una sposata.

La scrittura, puntuale ed elusiva ad un tempo, le ritrae, con tutto il loro corredo di immagini ed emozioni, in un momento caro all’autrice, gli albori del giorno. E’ l’alba di un giorno qualunque delle loro vite, ma intessuto di ricordi, presagi e singolari coincidenze.

Romanzi

FIAT 1100

Un romanzo a quattro mani, ambientato a Milano negli anni ’60.

Dal Camparino in Galleria, o, meglio, dalle due uscite dello storico locale milanese, si dipartono due storie, punteggiate da riferimenti ad atmosfere e ambienti della Milano operosa che vive gli anni del boom economico.

Protagonista una donna con due vite possibili, che ruotano attorno a due uomini completamente diversi. Nello svolgersi delle vicende si delineano due percorsi differenti che corrono in parallelo, improntati a stili di vita, idee e atteggiamenti diversi.

Uno dei due filoni, affidato alla penna di Gisella, segue un tracciato prevalentemente milanese e rappresenta un archetipo di vita borghese lineare, seppure non priva di problematiche legate alla vita coniugale e familiare.  L’altro, quello scritto da Carmelita in corsivo, è più anticonformista: si svolge all’insegna della ribellione agli schemi fissi, dell’insofferenza per le convenzioni e le soluzioni tradizionali e apre scenari più vasti, che vanno dalla Francia agli Stati Uniti, luoghi frequentati da artisti e intellettuali di quegli anni.

A un certo punto in entrambe le storie accadrà qualcosa che inverte l’orientamento dell’azione, che muta profondamente il volto e il carattere dei protagonisti.

La vita da quel momento non rientra più nel cliché preordinato, i tasselli non tornano più al loro posto.

Nella torsione finale, la vicenda si apre a esiti possibili, più immaginati che vissuti, per richiudersi proprio nel luogo da cui ha preso le mosse, il Camparino in galleria.

Una vicenda ambientata nella Milano di fine anni Settanta.

Lo scenario in cui si svolgono i fatti si snoda su due piani paralleli, curati rispettivamente dalle due autrici: la dimensione pubblica in cui la protagonista, Nicla, una ragazza ventiquattrenne catapultata dalla Sicilia nella Milano degli anni di piombo, vive i suoi amori e tesse la sua trama di rapporti, e quella privata, più intima e raccolta, costituita dai personaggi del condominio dove lei va ad abitare. Tra questi c’è anche Dario, l’attivista politico di sinistra, fautore e nel contempo vittima dei suoi stessi ideali, un ragazzo di cui Nicla si innamorerà.

Le figure curiose, semplici e schiette che popolano il palazzo e le situazioni in cui sono coinvolte, tratteggiate con un registro ironico-parodico che mima l’alto e il basso del vivere quotidiano, sono le quinte di un teatro dove ogni giorno si recitano atti consueti e scene di ordinaria follia, che consapevolmente o inconsapevolmente si intersecano con quelle dei nostri protagonisti.

Il mélange di storie e microstorie calate nel contesto milanese restituisce il sapore di anni tesi e drammatici, di cui tutti abbiamo avuto notizia o conserviamo immagini indelebili.

INTARSI

Intarsi è il mio primo romanzo autobiografico, pubblicato nel luglio 2020 da Tabula Fati.

In realtà, non si tratta di un testo totalmente nuovo, ma della rivisitazione di uno scritto di una decina d’anni fa, Intarsio, che alla luce degli eventi di cui parlo soprattutto nella parte finale del libro, ho deciso di rielaborare modificandone completamente la struttura, in modo che ciò cui alludo nella pagina iniziale trovi la sua spiegazione e il suo completamento in quella conclusiva. E mi auguro che questa strategia narrativa abbia funzionato.

Quattro sono i grandi temi che lo attraversano, che, come indico nella quarta di copertina, potrei elencare come in un abbecedario.

A come amicizia, e parlo dell’amicizia con la A maiuscola, perché si tratta dell’amicizia tra me e Fulvia, la prima collega di scuola di cui sono diventata veramente amica, ma anche dell’amicizia più in generale, l’amicizia come valore e fonte di consolazione.

B come bellezza di ogni stagione della vita, e di stagioni io e Fulvia ne abbiamo vissute tante assieme, a partire da quella dei nostri amori giovanili, delle passioni folli e delle delusioni cocenti, ma poi ancora le tappe successive, quella delle nozze – io sono stata invitata al suo matrimonio e lei, reduce da un lungo viaggio in moto, in quell’occasione lei mi ha chiesto di tagliarle i capelli: pensate che prova non tanto di amicizia, ma di profonda fiducia! – e poi la nascita del suo primo figlio –  in quel periodo Fulvia aveva preso in affitto un appartamento ammobiliato nel mio stesso palazzo e io non perdevo occasione per salire da lei ogni volta che allattava il bambino o lo cambiava: era tutta una novità per me, era la prima delle mie amiche ad aver partorito! E poi, più avanti, anche i momenti critici, per non dire drammatici, che segneranno indelebilmente la sua esistenza.

C come condivisione. Oltre agli episodi di vita privata cui ho appena fatto riferimento, c’è la condivisione di esperienze, soprattutto quelle legate all’ambito scolastico. Al Liceo di Magenta dove ci siamo conosciute, abbiamo avuto anche gli stessi allievi, quando un anno nella stessa classe lei insegnava italiano e io latino o viceversa. Ma non abbiamo condiviso solo impegni e incombenze: io passavo a prenderla in macchina tutte le mattine e insieme chiacchierando facevamo il tragitto, anzi cercavamo di partire presto per poter far colazione al Bar Centrale di Magenta e gustarci quella frolla favolosa, il nostro buon inizio di giornata.

D come diario scolastico, profili di allievi che ho iniziato a tracciare fin dai primi anni di insegnamento, schizzi e appunti presi su un quaderno a quadretti, che ho conservato gelosamente e che a un certo punto ho ripreso in mano per dare loro una struttura più organica e poterli inserire nel tessuto del romanzo. Anzi, per questi quadretti ho adottato una soluzione grafica diversa, il corsivo, per differenziarli dal resto della narrazione e per dare maggior risalto a quello che è, a tutti gli effetti, un “intarsio” di storie e microstorie.

Scala B(is)

Spin off del precedente Scala B, il libro è un mosaico di storie ambientate a Milano a metà degli anni Ottanta, un’epoca brulicante di vita, ma non priva di drammi e contraddizioni.

Milano è presente anche nella toponomastica: vie, piazze, zone o fermate del metrò contrassegnano i diversi segmenti della narrazione. La città è sempre la stessa, ma in un decennio il suo volto, come quello delle persone, è cambiato.

Abbandonati i protagonisti del romanzo Scala B, nel condominio emergono ora i personaggi secondari, cui ho deciso di concedere un bis, appunto, una seconda occasione per vivere una vicenda, magari diversa da come ce l’eravamo prefigurata leggendo l’altro testo. Figure dominanti in un racconto fanno capolino in un altro, attori che in un episodio restano in ombra vengono alla ribalta nel successivo e insieme compongono lo scenario della “Milano da bere”.

Queste favole metropolitane, talora realistiche, talora grottesche, hanno un filo conduttore che le lega: sotto la patina smaltata di una società brillante serpeggiano individualismo, superficialità, violenza, la cifra di questi anni controversi. E la scrittura, che mima la vita, li ritrae.

“Sono gli anni Ottanta: la vita va avanti sempre più veloce e ci corre a fianco, magari ci supera anche, senza che ci si possa mai specchiare.

“Milano è un cielo umido e una pioggia grigia.

Milano è una mano gelata che ti sfiora la schiena.

Milano è un rumore senza parole, un silenzio pastoso che cela episodi drammatici, storie tristi nascoste sotto il volto patinato della città.